Per la rubrica Ciak For You, Fedic Magazine ha intervistato il regista Tommaso Valente (27-06-1977) del Cineclub Sedicicorto di Forlì.
1) Qual è, se c'è, la tua cinematografia di riferimento.
Non direi, sono più attento ai singoli film che non alle cinematografie. Anche perché sono onnivoro sia a livello di genere che di tipologia di film e molto curioso e attento alle soluzioni di linguaggio. Mi piacciono i film che raccontano su più livelli e non si interpretano solo per la trama, a prescindere dalla nazionalità o dal genere.
2) Qual è la tua modalità di fruizione (film in sala, in cineclub, in TV, ai festival)
Utilizzo tutte le possibilità di visione. Ultimamente c’è una prevalenza di piattaforme ma solo perché, con due bambini piccoli, il tempo per andare al cinema è limitato. Ovviamente preferisco la sala su tutto.
3) Nel giudicare un film cosa guardi principalmente.
Il linguaggio. Mi piace che ci sia ma che non sia troppo esibito. Quando un film mi tocca senza che riesca ad identificare bene il motivo mi sento soddisfatto.
4) Hai un film a cui sei particolarmente legato. Per quale motivo?
Sono due. Uno è un pilastro della storia del cinema, “La regola del gioco” di Jean Renoir, perché è un film dove ogni elemento di messa in scena e di sceneggiatura sono perfettamente equilibrati e riescono a restituire tutta la follia di un’Europa che sta per sprofondare nella tragedia della seconda guerra mondiale. L’altro è “Ritorno al futuro”, da una parte perché mi ricorda com’è nata la mia passione per il cinema, già da bambino, dall’altra perché è una meravigliosa opera, leggera e postmoderna, sul cinema.
5) Come ti vedi sul set? Qual è la tua caratteristica più evidente?
Scomparire. Meno mi vedo sul set e più sta andando bene.
6) sei d'accordo sull'affermazione di Quentin Tarantino. Io rubo da ogni singolo film. Rubo da tutti. I grandi artisti rubano, non fanno omaggi.
Credo che Tarantino sia un grande provocatore. Gli piace creare movimento e conflitto, anche nelle dichiarazioni. In questo senso questa frase mi piace molto, anche se non sono d’accordo.
7) il tuo ciak personale che ricordi meglio di altri.
Giravamo un corto in pellicola tutto ambientato su una terrazza. Scena al tramonto da portare a casa in 2 take nel tempo reale di un tramonto. Macchina Arri SRIII a spalla, io e il DOP a cavalcioni sulla balaustra della terrazza, di fronte il bacio dei protagonisti immortalato mentre il sole scompariva nel mare dietro di loro. Il mix pellicola e tramonto mi diede una sensazione di irripetibilità meravigliosa e un’adrenalina incredibile.
8) quanto è cambiato il modo di fare cinema rispetto ai tuoi primi approcci?
All'inizio facevo finzione, ora documentari. Col tempo ho imparato a lasciare andare, ho capito che il controllo, la regia, può essere declinato in tanti modi diversi. Meno vengo percepito dai testimoni più loro saranno se stessi. E questo è un aspetto che alle volte andrebbe considerato anche nella finzione.
9) qual è il film che prima o poi vorresti girare (se c'è)
Vorrei raccontare la storia migratoria della mia famiglia, in Venezuela negli anni 60/70. Ne so poco anch’io e mi piacerebbe molto ricostruirla. Sarebbe probabilmente il mio film più personale e credo che nessuno finora abbia raccontato il legame migratorio tra Italia e Venezuela.