Kafka nel cinema

 














Kafka nel cinema

Un incontro tra cinema e letteratura a Brescia

 

Nel 1911, a poco più di 15 anni dalla prima proiezione dei fratelli Lumière, alla domanda “Lei non ama il cinema?”, Kafka avrebbe risposto: “A dire il vero non ci ho mai pensato. Si tratta di un giocattolo grandioso, ma io non lo tollero, forse perché sono troppo visivo. Io vivo con gli occhi e il cinema impedisce di guardare”. Con questa affermazione, a prima vista paradossale, è iniziata Kafkiana, un’affollata serata organizzata a Brescia dal cineclub AGEnda Cinema in sinergia con l’associazione culturale L’Ulisse. Ma come? Non è il cinema, insieme alla letteratura, una finestra sul mondo, uno strumento per potenziare il nostro sguardo? Possibile che Franz Kafka, il grande autore boemo di cui ricorre quest’anno il centenario della morte, abbia preso un abbaglio?

 


Il critico cinematografico Massimo Morelli che, insieme a Giamba Fogliata, ha condotto la serata osserva: “Il giudizio di Kafka sul cinema non è negativo e coglie qualcosa che è nella nostra esperienza di spettatori: spesso il cinema ci allontana da quella calma dello sguardo che la realtà ci consente e che Kafka considera un valore. Il montaggio impone i tempi del regista e ci distoglie dai nostri”.

 

In effetti è un’esperienza vissuta anche in questa serata che, inevitabilmente, si è svolta secondo i tempi e le scelte operate dal critico in una piacevole alternanza di conferme, spaesamento e sorpresa. Sequenze cinematografiche di film che omaggiano Kafka e che si ispirano alle sue opere si sono inframmezzate a quelle di registi che, senza citarlo in modo esplicito, ne riproducono lo spirito: anche chi non ha letto Kafka sa individuare come “kafkiano” quello smarrimento e quell’inquietudine generati dalla incomprensibile logica dei meccanismi di potere quando diventano implacabili persecutori.

 


Certamente in questa dimensione ci riporta Brazil di Terry Gilliam dove il mondo distopico della burocrazia crea schiavi e vittime, ma il concetto di “kafkiano”, alla fine della serata, appare dilatato rispetto a questa comune accezione. Chi ricorda in Kafka una vaga propensione per certe donnone dalla femminilità esagerata tra il sensuale e il torbido? Non è un’immagine che si abbini facilmente a Kafka, ma a Fellini sì: l’ha messa tante volte in scena e il pubblico la rivede con piacere nelle sequenze del ballo della Saraghina di 8 e 1/2. Più scontata la connessione tra Fellini e Kafka in relazione al suo Intervista che narra proprio delle riprese di un film tratto da America, un film forzatamente incompiuto come incompiuti sono i tre romanzi scritti da Kafka e pubblicati postumi dall’amico Max Brod.

 

Secondo i relatori è proprio l’incompiutezza dell’opera di Kafka a suscitare l’interesse di Fellini e anche del grande Orson Welles che con Il processo trasferisce sullo schermo uno dei capolavori kafkiani. Il risultato è poco apprezzato dalla critica a parte la virtuosistica sequenza iniziale da graphic novel in cui una voce fuori campo riassume il contenuto del libro. “Troppo bianco e nero -afferma Giamba Fogliata- per un romanzo con il colore di sangue ed escrementi”.

 

E non poteva mancare Praga, città natale dello scrittore, luogo d’ambientazione di Kafka – Delitti e segreti di Soderbergh che già nell’incipit è carico di tensione orrorifica e ombre sinistre. Non poteva mancare nemmeno un richiamo al racconto più celebre di Kafka, La metamorfosi, attraverso una clip di Hans di Louis Nero, che si sviluppa attorno alla storia di un disturbo mentale.

 

La serata si chiude con un invito ad andare in sala: è il trailer del recentissimo L’amore secondo Kafka di G. Maas e J. Kaufmann. “Sono solo frammenti” dice l’attore che interpreta Kafka parlando della sua opera. Sì, sono frammenti di una lucidità sorprendente per mostrarci, senza sconti, l’assurdo incommensurabile della condizione umana. Forse il cinema ci impedisce di vedere, ma questa letteratura ci fa desiderare di poter chiudere gli occhi: troppo amaro il sapore degli apologhi geometrici e spiazzanti di Franz Kafka con le sue porte chiuse custodite da incorruttibili Cerberi dai volti familiari.

 

Laura Forcella