Per la rubrica Ciak For You, Fedic Magazine ha intervistato il regista Riccardo Salvetti (1986) del Cineclub Sedicicorto di Forlì.
1) qual è, la tua cinematografia di riferimento.
Non ho un genere specifico al quale ispirarmi o che
preferisco vedere come spettatore, quindi è difficile definire in modo
specifico quale può essere un riferimento per me.
Si può dire che alcuni autori con stile narrativo che sconfina nell’onirico, o
in una narrazione multistrato, possono essere più vicini alla mia sensibilità e
forse anche di ispirazione.
Per il cinema da vedere mi piace cercare di vedere ogni anno quanti più film
premiati ai vari festival o ai grandi eventi di cinema. C’è sempre qualcosa di
innovativo e stimolante da scoprire.
2) qual è la tua modalità di fruizione (film in sala, in cineclub, in TV, ai festival)
La televisione non l’ho in casa… Ormai da 7 anni! Ho
preferito predisporre in casa una stanza cinema con proiettore, così da
ricreare un piccolo cinema domestico… questo forse mi ha reso un po’ più
“pigro” e la maggior fruizione ultimamente è rivolta allo streaming (ho
abbonamenti a più piattaforme di quante ne riesca realmente a usare) e
approfitto così di una buona qualità di visione senza uscire.
Ma il cinema è anche condivisione della visione, l’ambiente in cui si vede il
film, la reazione del resto del pubblico, e quindi subito a seguito viene
sicuramente la sala.
3) Nel giudicare un film cosa guardi principalmente.
Tutto, dalla trama, all’interpretazione, alle scelte sui
movimenti di macchina, la fotografia, la colonna sonora, trucco costumi
scenografie… Il cinema è così travolgente perché è l’espressione di tutte le
arti fuse insieme, quindi sono sensibile a ogni aspetto.
Ultimamente però posso dire di essere diventato più esigente sulla narrazione,
nel senso che posso guardare in modo godibile un film anche se ha qualche
attore meno performante o con elementi che potrei trovare discutibili, ma se la
debolezza la riscontro nella trama poi finisco per perdere attenzione.
4) Hai un film a cui sei particolarmente legato. Per quale motivo?
E’ una domanda molto frequente, ma non ho mai una risposta
certa a questa domanda…
E’ troppo difficile trovare un’unica opera, e questa potrebbe cambiare
sicuramente, negli anni e in base all’emotività del periodo. Posso provare
magari a dire il film che mi ha emozionato di più quest’anno…
No, non è vero… anche in questo caso non riuscirei a dirne uno, ma spazierei da
“Perfect Days” a “Dune – parte2” da “Past Lives” a “Povere Creature!”
5) Come ti vedi sul set? Qual e la tua caratteristica più evidente?
Sul set penso di essere troppo concentrato a ottenere quello
che ho in mente per riuscire a fare un ritratto preciso di me, sento che non ho
voglia di accontentarmi e che ad ogni ciak cerco di ottenere qualcosa in più,
nell’immagine, oppure nell’interpretazione, trovare quella sporcatura in più
che renderebbe la scena più naturale, o togliere la sporcatura di troppo che
rischia di distrarre.
Chi lavora con me dice che pretendo molto, che sono testardo e perfezionista… e
in fondo mi ci rivedo in questa descrizione perché sono così anche nel
quotidiano.
6) sei d'accordo sull'affermazione di Quentin Tarantino. Io rubo da ogni singolo film. Rubo da tutti. I grandi artisti rubano, non fanno omaggi.
E’ espresso in modo un po’ estremo, e il modo che ha Tarantino di “rubare” dagli altri autori è sempre reinterpretando nel suo mondo, nel suo stile, nel contesto che sta costruendo… Quindi più che un rubare è un essere liberamente ispirati. E penso che volendolo o meno siamo tutti ispirati da quello che vediamo in altri autori, o da quello che viviamo, quindi dal mio punto di vista è un’affermazione giusta.
7) il tuo ciak personale che ricordi meglio di altri.
E’ stato sul set di “Rwanda”, dovevamo girare una scena
notturna con una macchina in fuga, inseguita dai miliziani. Era tutto
tecnicamente molto complicato per l’illuminazione, il coinvolgimento di più
attori in scena e l’attrice al volante che non sapeva guidare la macchina.
Avevo paura che non riuscisse a funzionare prima della fine della giornata e
l’alba si avvicinava, ma dopo qualche ciak si è trasformata magicamente in una
delle scene per me più emozionanti del film.
Dopo le riprese mi sono fermato con la protagonista della scena a ringraziarla
aspettando che smaltisse tutta l’emozione di quel ciak e non avrei mai
immaginato che quell’incontro avrebbe cambiato la mia vita.
Quel ciak è stato molto importante per quello che poi ha significato anche nel
mio futuro personale.
8) quanto è cambiato il modo di fare cinema rispetto ai tuoi primi approcci?
Il modo e il tipo di approccio cerco
di cambiarlo ad ogni film, per non ripetermi mai e per cercare di innovare
sempre con qualcosa in più rispetto al lavoro precedente.
Se ripenso a tutto il mio percorso ho iniziato molto presto. Il primo film da
adolescente girato giocando con gli amici l’ho realizzato a 15 anni, per cui se
devo trovare un momento di svolta penso sia stato dopo la scuola di cinema a Milano.
Ho frequentato nel 2009 e 2010 la Scuola Civica di Cinema Televisione e Nuovi
Media, quella che oggi si chiama “Luchino Visconti” e sicuramente dopo un
percorso del genere si riesce ad avere uno sguardo più sensibile, attento e
completo su tutto il percorso di realizzazione di un film.
9) qual è il film che prima o poi vorresti girare (se c'e)
Ogni autore ha qualche opera nel cassetto che aspetta da
tempo di poter realizzare, io ne ho un paio, un cortometraggio e un lungo…
Ma preferisco non parlarne, sperando che le persone interessate possano vederlo
proiettato piuttosto che leggerne qui.