Fin da piccolo mi piaceva dipingere ed ho fatto tanti ritratti. Tuttora, pur continuando a fare il pittore, non mi cimento nel ritratto con tempere e pennelli, bensì con telecamera e banco di montaggio.
Mi piace scavare nel mondo e nella vita dei personaggi che trovo interessanti, per poi immortalarli in un film.
Non ci sono regole precise -per quanto mi riguarda- se non quella di conoscere a fondo il protagonista, soprattutto ponendogli molte domande e facendolo parlare liberamente.
Se è un artista o un artigiano cerco di capire le sue opere e, comunque, gli chiedo del suo lavoro, delle sue passioni, delle sue aspettative, dei suoi rimpianti…
E’ un percorso impegnativo, a volte anche faticoso, ma decisamente interessante e coinvolgente. Fatto con garbo (ma senza sconti!) permette di entrare nell’intimo del personaggio e porta a risultati emozionanti. Più di una volta è capitato che qualcuno mi dicesse “Ti ho raccontato cose che non avevo mai detto a nessuno” e, magari, si commuovesse fino alle lacrime.
Un suggerimento che mi porto dietro da quasi trent’anni è quello che ricevetti da Filippo Maggi, grande esperto di cinema e magnifico “moderatore” al Festival di Castrocaro: “Se vuoi fare il ritratto di un artista, non limitarti a rappresentare il rapporto che ha con le sue opere, ma vai (soprattutto!) a scavare nella sua anima, nella sua vita, nelle sue debolezze. Perché è questo che interessa di più!”
Per quello che è il mio modo di lavorare, ritengo che ci siano due momenti decisivi e imprescindibili: il primo sta nella “qualità delle domande”, diverse da persona a persona e adeguate alle diverse situazioni; il secondo è incentrato su un attento lavoro di montaggio, che sappia rendere, in pochi scorrevoli minuti, le principali emozioni raccolte in ore di girato.
Roberto Merlino