Iddu - un film sulla storia della Repubblica

 







di Laura Forcella

“Non è un film sulla storia della mafia, ma sulla storia della Repubblica”. Così esordisce uno dei due registi, Antonio Piazza -l’altro è Fabio Grassadonia-, invitato il 27 ottobre insieme all’attore Giuseppe Tantillo a presentare il film Iddu e a dialogare con il pubblico. 

L’iniziativa, realizzata con successo al cinema “Agorà” di Ospitaletto, è stata organizzata in collaborazione ad AGEnda Cinema, un cineclub bresciano della Fedic: calorosi gli applausi per il film e per il successivo dibattito condotto dai due critici Massimo Morelli e Giovanni Scolari, promotore della proiezione insieme a don Adriano gestore della sala. 

Iddu è sì un film che parla di mafia, che ne ricostruisce i contorni ambientali, sociali e antropologici, ma che, grazie all’originalità della sceneggiatura e della regia, scardina i caratteri consueti del genere per esplorare dinamiche psicologiche, temi etici e civili e il contesto politico di quel poco promettente inizio del 2000 che fa da sfondo alla storia. Siamo in Sicilia, in un luogo imprecisato, quello della clandestinità del boss Matteo Messina Denaro, trent’anni di clandestinità “vigilata”, tanto crimine e tanta solitudine accompagnata da letture della Bibbia, dalla ricomposizione di un gigantesco puzzle e da un’enigmatica figura femminile affidata all’interpretazione di Barbora Bobulova. 

L’uscita del film a poca distanza dalla cattura e poi dalla morte in carcere per malattia dell’efferato boss mafioso sono una coincidenza imprevista: le riprese e il lavoro cinematografico sono cominciati ben prima della risonanza mediatica attorno al personaggio, interpretato da Elio Germano, che emerge nel film con la potenza di una complessa e sconcertante verità esistenziale.

Un cast attoriale di grande livello – Elio Germano e Toni Servillo ne sono le punte dell’iceberg- ci fa addentrare in una storia misteriosa che non si dipana in modo didascalico, ma che richiede allo spettatore di porsi domande e di cercarne la risposta. Un film che interroga senza pacificare, un film che risveglia coscienza.  

- La realtà è il punto di partenza, ma non la destinazione – ricorda il regista citando l’esergo del film. A visione ultimata e dopo il dibattito si capisce bene che cosa intenda: la realtà, studiata con attenzione e restituita anche in modo fedele alle cronache giornalistiche e giudiziarie, non esaurisce il film, ma lo alimenta. L’esito è fortemente simbolico e, come ha affermato ancora il regista, “quei personaggi, al netto dei crimini da loro commessi, sono un po’ tutti noi, in bilico tra bene e male”, categorie non astratte che orientano i nostri comportamenti. 

L’attore Giuseppe Tantillo, che nel film impersona Pino Tumino, un personaggio a cui ci si affeziona come ha dimostrato il pubblico in sala, ha ben spiegato come si è rapportato al personaggio che ha delineato a partire da come gli altri lo vedevano: “Un cretino è, nel mondo della mafia, chi non è organico ad essa, chi sa usare la tenerezza. Per essere teneri bisogna saper rinunciare alla vanità”. Un’osservazione che ci ha portato dentro al lavoro dell’attore, ma anche dentro alle nostre vite. 

È quello che è successo durante la visione di Iddu e quello che succede di fronte a ogni buon film quando storie anche apparentemente lontane, che amplificano l’orizzonte dei nostri sguardi, ci riportano a noi e al nostro vissuto con la certezza -o l’illusione?- che il cinema possa anche renderci un po’ migliori. O almeno possa farci desiderare di esserlo.